Tratto da uno stato di Giovanni Guallera su fb.
SpoilerQuel campionato era cominciato male, malissimo: in sette partite una vittoria, un pareggio e cinque sconfitte: quattro punti totali che mettevano il Napoli a ridosso della zona retrocessione. Successe tutto in pochi giorni: dopo la sconfitta all’Olimpico contro la Roma, De Laurentiis decise di fare reset: via Marino, via Donadoni. Arrivasti tu, sulla panchina: tu, Walter Mazzarri. Il giorno dell’esordio era una domenica d’autunno, il 18 ottobre 2009: al San Paolo, Napoli – Bologna. E mica lo sapevi che Bologna avrebbe significato così tanto, negli ultimi tre anni! Quel giorno vincemmo 2-1, soffrendo come da nostro costume: Maggio segnò il goal da tre punti al 91’, fu la prima di tante vittorie à la Mazzarri: risultati raggiunti in extremis, partite al cardiopalma risolte in un urlo nel recupero, in quella che, per tutti noi, smise di essere la zona Cesarini. Parlasti a Sky, quel giorno: non eri soddisfatto della squadra, spiegasti in due parole il tuo credo tattico, ti presentasti come un perfezionista. Ci piacesti subito. Una settimana dopo vincemmo al Franchi: era un anno che non facevamo risultato pieno in trasferta, da Lazio-Napoli 0-1 del 26 ottobre 2008 – ricordi, Walter? Il primo dei taboo sfatati. Già, perché dopo un meraviglioso pareggio casalingo col Milan (2-2, con due goal in zona Mazzarri), andammo a Torino, al Comunale, e c’aspettava la Juventus: vincemmo 3-2 dopo esser stati sotto di due goal. Non vincevamo in casa della Juventus dai tempi di Maradona: per te fu una vittoria come le altre, dicesti, ma sotto sotto lo sappiamo tutti che quel risultato t’inorgoglì. Fu l’inizio di una favola bella: un sesto posto nel 2009/2010; l’anno successivo terzo posto in campionato dopo aver toccato con mano il sogno scudetto, e l’eliminazione ai sedicesimi in Europa League; poi la Champions, e Stamford Bridge, ed il quinto posto; e quest’anno, una delusione in Europa, un meraviglioso secondo posto in campionato – e la corsa scudetto abbandonata, perché forse non ci si credeva – perché, forse, non ci credevi nemmeno tu. Ebbene, ecco la tua favola, Walter: ci hai presi dal baratro e c’hai portati fuori a riveder le stelle. Ed abbiamo imparato a volerti bene nonostante le tue idee ferme, la tua mancanza di coraggio coi giovani, il tuo monoteismo tattico. Anzi, forse abbiamo imparato a volerti bene proprio per questo: perché tu ci completavi, perché il tuo rimanere coi piedi per terra faceva da contraltare al nostro volteggiare. E forse è stata quella completezza a disturbarci: quella fastidiosa e troppo perfetta androginia –umana, poco umana, per noi. Da lì, probabilmente, sono nate le prime rotture. Forse perché ci aspettavamo che volteggiassi, come noi. Forse perché tu non hai mai voluto farlo. Forse, non c’hai nemmeno provato. Ma questo lo sai solo tu, Walter. Ecco, dalla nostra visuale il tuo problema è stato questo: dentro di te hai paura di vincere. E non parliamo di Coppe Italia: parliamo di roba forte! Parliamo di quella parola con la S che nessuno vuole pronunciare (e, adesso che mi rendo conto, nemmeno scrivere!), e parliamo di fare il botto in Champions, perché la storia insegna che le Cenerentole, a volte, vivono oltre la mezzanotte. Era Napoli, che ti spaventava? O la condanna alla vittoria? Era il vincere qui, dove ogni Scudetto diventa giorno rosso sul calendario? Saresti mai riuscito a portare sul groppone una tale gioia, tu chiuso, tu introverso, tu Mazzarri?Anche questo lo sai solo tu, Walter. Adesso le nostre strade si separano: magari vedere una bacheca piena di trofei, e vivere in una città abituata a vincere, ti darà lo stimolo giusto per fare il passo in avanti. Attenzione: lo stimolo giusto, non lo stimolo maggiore. Non li riuscivi a gestire facilmente gli stimoli di Napoli, eh, Walter? Hai visto cosa è nato da una Coppa Italia e lo Scudetto t’ha fatto paura, eh? T’ha fatto paura rimanere, ed avere carta bianca per farti la squadra come vuoi tu, perché poi se avessi fallito non avresti più avuto scusanti? Dì la verità! Dilla, almeno una volta, a noi tutti: ce lo meritiamo! Ma la verità non ce la dirai, Walter. Almeno, non adesso. Da parte nostra, a te, va tutto il nostro bene, ed un grazie grande quanto il mare, e un abbraccio grande quanto il golfo. Ed un rimpianto che riempirebbe il Vesuvio. In fondo, ti mancheremo. E questo lo sappiamo tutti, Walter. Grazie di tutto mister !!!