Premessa: parliamo di elezioni europee. Da sempre, queste ultime sono un laboratorio da interpretare in maniera restrittiva e non da estendere automaticamente a uno scenario nazionale.
I motivi ? Molteplici. Un'affluenza totalmente differente, un altro contesto, un voto di scambio e clientelare che risulta decisamente più compresso in alcune zone del Belpaese rispetto alle "cugine" politiche, spesso degli attori diversi.
La storia delle Europee in Italia è costellata di "unicum", che poi non si sono ripetuti su scala ridotta: dal sorpasso del PCI del 1984 al 40% costruito sulla figura di Renzi, cinque anni fa. Tutta roba svanita di lì a poco, un trappolone per i politologi o chi si diverte ad argomentare qualcosina sui social ogni tanto.
Volendo appunto giocare e null'altro, si può sostenere però in maniera abbastanza razionale che le Europee siano un efficace termometro per verificare se le sensazioni a un anno dall'insediamento dell'esecutivo siano, se non confermate, almeno non smentite da un corposo campione dell'elettorato.
Ecco, le Europee possono essere utilizzate per guardarsi indietro in modo consapevole e circoscrivere domande più precise sul futuro. E allora: cosa ci indicano queste europee ?
Per il guardarsi indietro bisogna partire da una considerazione: il sistema si autoalimenta.
Ogni qual volta che c'è un momento di crisi finanziaria emerge un rigetto dell'impalcatura politica, dato che l'unica struttura è quella economica e il resto è sovrastruttura.
I Cinque Stelle sono stati degli ottimi contenitori di dissenso, degli animali del "no", ma sul lungo non si può vivere di opposizione.
Nel momento in cui sono diventati classe di governo, appiattendosi sulle posizioni di destra non avendone alcune di proprie - posizioni che vanno per la maggiore nella guerra tra i poveri che stiamo vivendo - hanno portato la gente a votare:
1) la vera destra;
e 2) ad alienarsi la parte della popolazione di sinistra e/o meridionale che ha defenestrato il loro apparentamento con un partito che parla di legittima difesa sempre, prima gli italiani, gli insegnanti del sud devono lavorare e porcate del genere.
L'ultimo tentativo di fare opposizione al loro stesso Governo, riproponendo le armi che hanno costruito il trenta percento delle politiche, hanno costituito la mazzata finale.
Emorragie e astensionismo hanno prodotto questo risultatoche comunque va contestualizzato, come detto in apertura, al tipo di elezione che abbiamo di fronte.
Qualche seme di futuro, adesso, e si va nel campo della speculazione. A sensazione, Salvini porterà i pentastellati all'esasperazione: forte di questo risultato proporrà disegni di legge che ormai godono del sostegno della maggioranza degli italiani ma totalmente irrealizzabili per i grillini, pilotando la crisi politica del Governo e scaricando sull'alleato infido - che da mesi attacca come un dilettante - il germe del tradimento. Dopo le elezioni, la strada sarà aperta per un Governo di destra con Forza Italia che chiederà qualche carica istituzionale - chissà, la Presidenza della Repubblica a Berlusconi o Tajani ? - e un paio di ministeri dove fare qualche marchetta, tipo quelle delle Infrastrutture, votando tutto ciò che la Lega e la Meloni hanno nei rispettivi programmi (di merda).
D'altronde Salvini promuovendo la Casellati come presidentessa di una Camera aveva già mandato un segnale ai suoi alleati elettorali, che potremmo sintetizzare in "non siete ormai nulla e l'unica cosa che vi permette di rendere quel 10% forza di governo è il fatto di stare con me, e io non mi dimentico di voi".
Per quanto riguarda i 5S, potremo assistere al siluramento del buon Giggino, che ha giocato con delle grandezze troppo in là per lui, e un ritorno in auge dell'adesso silenzioso Dibba dall'esilio prima americano e ora spirituale. Dibba. Proprio lui. L'uomo ideale per cercare di ricostruirsi un consenso, l'urlatore di piazza capace di predicare un ritorno alle origini per il Movimento tutto.
(due stronzate scritte altrove che riporto anche qui)