state prendendo una capata storta.....è stato già fatto, non spesso ma è stato già fatto.
Inoltre nessuno saprà mai quante volte è stato fatto nelle segrete stanze e non come ha fatto mattarella alla luce del sole, tra l'altro aveva dato l'ok su giorgetti
I casi sono pochissimi e legati a questioni di opportunità, mai di posizioni politiche:
1. No a Clelio Darida ministro della Difesa
Nel 1979 il premier incaricato, Francesco Cossiga, dovette cambiare il ministro della Difesa, per cui lui aveva pensato al nome di Clelio Darida, sindaco di Roma dal 1969 al 1976 e non gradito all'allora presidente Sandro Pertini. Conosciamo questo precedente perché è stato lo stesso Cossiga a rivelarlo.
2. No a Cesare Previti ministro della Giustizia
Il secondo caso è quello più noto al pubblico italiano, sicuramente a chi ha più di 30 anni. Quando Silvio Berlusconi vinse le elezioni del 1994, la sua idea era quella di portare al ministero della Giustizia il suo avvocato, Cesare Previti. Previti, per altro, noto per il suo carattere aspro, durante la campagna elettorale pronunciò una frase – quando vinceremo le elezioni non faremo prigionieri – che fu oggetto di violenti polemiche. Ad ogni modo Previti al governo ci andò comunque, come ministro della Difesa, mentre il più mite (e senza conflitti d'interesse) Alfredo Biondi fu nominato Guardasigilli.
3. No a Bobo Maroni ministro della Giustizia
Su Via Arenula, comunque, Berlusconi inciampò una seconda volta nel 2001 quando pensava al leghista Bobo Maroni. Maroni non era avvocato in funzione e, notoriamente, non ha mai usato toni forti. C'era un problema però: nel 1996 la Procura di Verona spedì la polizia a perquisire la sede di Via Bellerio, per un'inchiesta sulle Guardie Padane. Maroni fu tra quelli che si opposero all'ingresso dei poliziotti, ci furono degli scontri, sono celebri le immagini del leader leghista portato via in barella, immobilizzato, dopo una collutazione. Nel 2001 Maroni era ancora sotto processo per resistenza a pubblico ufficiale. Una posizione che secondo l'allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi sconsigliava la sua nomina a ministro della Giustizia. Al suo posto, allora, andò Roberto Castelli. A raccontare del veto fu, in quel caso, Umberto Bossi.
4. No a Nicola Gratteri ministro della Giustizia
Incidente simile anche per Matteo Renzi nel 2014, quando al Quirinale sedeva Giorgio Napolitano. Il segretario del Pd entrò dal presidente della Repubblica con Nicola Gratteri, pubblico ministero in servizio, alla casella di ministro della Giustizia. Lo sappiamo perché i giornalisti inquadrarono un foglietto all'uscita, contenente proprio il nome di Gratteri con, accanto, la scritta “magistrato in servizio” che fu, a quanto pare, il rilievo che ne impediva la nomina. Questo spiega anche il famoso tweet che Renzi spedì quando ancora non era uscito dalla stanza - “arrivo, arrivo” - e che annunciava il suo ritardo: bisognava cambiare un ministro sgradito al presidente della Repubblica. La stessa cosa che, questa volta, il leader della Lega Matteo Salvini non ha voluto fare.
Come puoi vedere mai è stata questione di posizioni politiche, ma sempre di opportunità.