Come Albert, duca di York e futuro re Giorgio VI d’Inghilterra, apprese a parlare in pubblico con l’aiuto del terapeuta Lionel Logue.Ha fatto incetta di premi a tutte le latitudini. Bafta, Golden Globe, Oscar, David di Donatello. Di sicuro per la prova di Colin Firth, notoriamente maestro di dizione britannica, che qui mortifica nella balbuzie la sua perizia linguistica ed esplora in modo convincente le due personalità dello stesso individuo, insicuro e collerico. Attorno a questo esercizio attoriale c'è ben poco. Il duca di York si fa carico del suo problema, lo affronta con l'aiuto di un logopedista, lo risolve ma... in che modo? Non si capisce. Esercizi fisici, piccole eruzioni dell'inconscio... e basta. Va a finire che la storia del futuro Re Giorgio VI non interessi a nessuno. Perché la sua posizione sociale è troppo elitaria per favorire l'immedesimazione; perché il suo percorso di guarigione manca di profondità drammatica, di appigli ai quali si possa agganciare l'empatia dello spettatore.
Voto: **1/2