Nel 2089, alcuni studiosi ritrovano pitture rupestri dal grande valore per l’intero genere umano: delle immagini che condurrebbero direttamente alla comparsa dell’uomo sul pianeta Terra. Pochi anni dopo, a bordo della nave spaziale Prometheus della Weyland Industries, scienziati ed equipaggio giungono sul pianeta LV-223, una zona ancora sconosciuta dell’universo dove finalmente poter toccare con mano i frutti della ricerca: ma non tutto andrà nel modo sperato.Nato come un prequel di Alien, è diventato quasi indipendente dal film del '79. Quasi, perché l'adiacenza è riscontrabile in diversi punti. Due li rinveniamo agli estremi dell'opera: il titolo, riprodotto con lo stile grafico tipico della saga; l'ultima inquadratura, inequivocabile riferimento agli xenomorfi che già conosciamo. Un altro, più importante, è concettuale: in Alien si mostravano esseri (umani) disumanizzati, qui si tratta la fase precedente, quella degli interrogativi metafisici. Dio esiste? Da dove veniamo? Le risposte oscillano tra l'agnosticismo e l'ateismo, ovviamente in forma liofilizzata (come cattiva norma hollywoodiana impone).
Il 3D si conferma adatto al genere, perché è meraviglioso l'impatto con immagini dell'universo dotate di reale profondità di campo. Anche perché di esso non ne abbiamo alcuna esperienza e quindi questa modalità di rappresentazione ci avvicina alla realtà anziché scimmiottarla.
Stabilite le caratteristiche del film (più che le note di merito) possiamo sentenziare che è una discreta merda. Non sa essere né cupo quanto l'illustre predecessore né dinamico quanto il pur discutibile episodio di Cameron. Si pone nel mezzo e lascia insoddisfatti pressoché tutti. La colpa è forse anche del cast mediocre, nel quale non emergono figure abbastanza carismatiche. Il resto lo fanno gli effetti in digitale, utilizzati per gli umanoidi: decisamente kitsch la coesistenza sullo schermo di attori in carne ed ossa e palesi pseudo-cartoni animati. Tutt'altra cosa i costumi di Carlo Rambaldi di 33 anni fa.
Voto: **