Nostalgia Di Terre Lontane (1919-28)
Il primo episodio inizia con un lungo piano sequenza. Dalle scrutate colline verdi sbuca Paul, di ritorno dalla prigionia francese e inserito di botto in un microcosmo rurale di forte impianto familiare dove, si nota subito, non vi è ancora distinzione tra storia e tramandazione orale. Sebbene si colga l'impostazione corale ci si immedesima con naturalezza nel giovane, cui sono affidate le prime soggettive del racconto.
Paul è stordito e prima di sottoporsi al vociare curioso dei parenti saluta il padre con un gesto di routine artigiana, in silenzio, per poi dedicare l'attenzione, tra le tante persone che gli si raccolgono intorno, al sogno di un suo compagno scomparso. Il fratello non legge il giornale, lo racconta a umili ancora avulsi dalla modernità non ancora imposta a forza dal nazismo.
Reitz presenta così l'inizio del reintegro forzato del reduce di guerra, il primo corpo estraneo al super Io artigiano, che si farà depositario della dimensione più ricorrente in Heimat, quella della dialettica tumultuosa tra fuga e ritorno.
Così delle incompiute vicende della gente di paese restano due storie esemplari: quella di Apollonia, una reietta vittima dei pettegolezzi di paese e fuggita per uno scandalo, e quella di Paul, legato alla ragazza da una amicizia autentica e da un comune destino. Scapperà prima col tentativo ideale di cogliere lontane frequenze radio, poi, fisicamente, lasciando moglie e figli senza un apparente motivo.
Nel resto dei personaggi si coglie l'inesorabilità del tempo; non c'è niente che si presti meglio dell'incedere delle stagioni contadine a renderne l'amaro senso di incompiutezza e vacuità; uno stato esplicato dalla vana ricerca dell'oro da parte di Eduard, dalla rivelata infondatezza delle accuse ad Apollonia e all'oste, dal non-ritorno della martora e dal ritrovamento del cadavere (che la meschinità reiterata spinge lo spettatore stesso ad associare erroneamente al corpo di Apollonia). Manca il colpo di scena, l'elemento di rottura è destinato a cadere sotto i colpi del tempo e ad essere tramandato come storia sempre più antica.
Il racconto della gente di paese, gretta e stereotipata, non è mai bozzettismo museale perché talvolta illuminato da squarci di naturalismo autentico. Il lavoro e i rituali collettivi nobilitano la comunità, cancellano il male.
Il tempo è scandito da macrosequenze che si susseguono con dissolvenze incrociate e a capo di ognuna delle quali è lo scorcio di anni narrato.
Non deve stupire che i colpi di metronomo saltino volutamente eventi tipicamente familiari, come matrimoni e gravidanze, poiché il tutto è sacrificato alla gente di Schabbach intesa in una ideale comunione di destini e idee.
Quasi ogni macrosequenza inizia con una scena a colori (stupendo il già citato incipit e quella della gita al castello) solitamente coincidente con inquadrature di impatto documentaristico. Il resto è in bianco e nero, talvolta tendente in un estetizzante effetto seppia.